La caduta del successo
2 capitolo
Nasce una nuova stella si chiama Neve Pilut, sotto i riflettori già* dalla tenera età*, gli stilisti litigano per averla.
Grande festa di compleanno per Neve, ma tante polemiche girano in torno alla ragazza, alcol, droga ed anoressia, sarà* vero?
La ragazza prodigio Neve, sbarca dalle sfilate alle publicità* e video musicali. Ha smentito ogni polemica facendo parte alla campagna contro l'anoressia.
Primo scandalo di Neve, calendario ancora minorenne. I genitori si difendono, "Quella foto non era da publicare"
Neve Pilut indagata per omicidio, omissione di soccorso e incendio gravoso nella biblioteca publica.
Era passato un'anno da quel giorno.
Distrussi la vita delle persone che amavo o almeno l'unico che mi amava era mio padre.
Mia madre, mi aveva invitato a dimenticarla per il resto dei miei e suoi giorni, c'eravamo salutate qualche giorno fa. Passai due giorni tra aerei, pulman e taxi. Non mi era nuova questa vita, tutto quello che mi riguardava veniva discusso e messo alla gogna dalla stampa.
Non avevo mai avuto privaci, giorno e notte ero su un palco o su una sfilata e nel tempo libero ero a feste esclusive, avevo una bella carnaggione bianca, occhi grigi, fisico formoso e asciutto anche se mia madre stava già* pensando ad un operazione al seno per la prima scarsa che avevo. Per il resto ero perfetta per essere qualunque cosa volevo.
Ma il mostro che mia madre aveva creato si era ribellato, avevo perso il controllo della mia vita e del mio corpo, molte delle mie amiche mi avevano consigliato di sc*** qualcuno ed uscire il più presto possibile. La folla mi pretendeva, il mondo della moda era in lutto, nessuno sarebbe stato ingrado di prendere il mio posto.
Quel giorno, stavo aspettando che qualcuno mi chiamasse per darmi il benvenuto o per dirmi cosa fare. La stanza in cui ero stata messa da un'assistente sociale grassa e antipatica era arredata con stile antico e scarna solo scaffali per libri, scrivanie e due computer, le pareti erano fresce di vernice marroncino e il linoleum era lucidato da poco in alcuni punti opaco, doveva essere un posto molto antico, sugli angoli dei soffitti c'erano dei strani cerchi. Una biblioteca. Dedussi guardando il ragazzo biondo che leggeva un libro accanto alla finestra.
C'era un'ottimo odore di vaniglia, era da circa mezz'ora che ero sola, l'assistente sociale in modo aspro mi aveva detto che la diretrice mi avrebbe ricevuto al più presto. Non sapevo esattamente dove mi trovassi, non mi era concesso ne chiederlo e ne saperlo, avevo a disposizione una chiamata settimanale è ci sarebbe stato un'evento sociale una volta a settimana.
Classica vita da riformatorio aveva detto mia nonna negandomi l'abbraccio dell'addio, solo papa mi aveva abbracciato ed accompagnato all'aereoporto, per tutto il viaggio avevamo scherzato e quando eravamo arrivati mi aveva stretto forte per la prima volta in tutta la mia vita, dal suo sguardo provato dal pianto e dal dolore sapevo che aveva capito il perchè del mio gesto.
"Pilut?" una voce dolce tuono nell'ampio spazzio scarno, mi voltai e sorrisi come se quello potesse servire, "Prego" mi indicò la porta del suo ufficio come una prigione, la donna era vestita elegante ed aveva degli occhiali che coprivano il viso ed i capelli erano mossi e biondi,.
Entrai nello studio pieno di scaffali, una scrivania con un registro e qualche tazza di caffè ancora calda, mi sedetti su una sedia scomoda, mentre la donna che mi aveva chiamato si sedette dietro la scrivania.
"Sono Marika Flover, direttrice di questo istituto. Ho letto la tua cartella è la trovo vergognosa.
Qui ci sono delle regole dure, che si rispettano. Ogni sgarrò verrà* rappresentato al giudice che allungherà* la pena. Dovremmo passare insieme cinque anni, dopo di chè verrai mandata in un carcere femminile, certo ci potranno essere degli sconti di pena." Mi guardò, "...per un soggetto come te credo che non c'è ne saranno." finì con un sorrisò maligno, "Frequenterai le lezioni, corsi e tutto quello che questo istituto può offrire.
La colazione e alle sette del mattino, alle otto e mezzo iniziano le lezioni finiscono alle due, questo è il foglio degli orari. Pretendiamo massima puntualità*" continuò ancora passandomi un foglio, con orari e laboratori, mi guardava disgustata, come se fossi il primo dei suoi problemi un qualcosa da eliminare, sapevo che non sarebbe stato facile. Ma non credevo che al primo giorno trovassi qualcuno già* pronta a demolirmi, l'ondata di lacrime già* era pronta ad irrigare il mio viso mentre la donna davanti a me parlava e mi faceva come la m*** per il mio comportamento, "Può andare" finì indicandomi la porta, feci cenno con il capo e corsi via da quel diavolo che aveva smontato la mia personalità*. Ma non potevo essere debole,
sospirai e mi guardai intorno, quel posto sarebbe stata la mia prigione per i prossimi dieci anni.
Nessuno era stato clemente con me, avevo sbagliato, ma in quel momento non volli pensarci, scesi le scale che mi avevano portato negli uffici dei dirigenti nonchè la mia nuova scuola. Avrei dovuto frequentare le lezioni, fare laboratori è cosa più improbabile farmi degli amici.
Erano state cinque ore di lezioni estenuanti, il programma era vecchio ed ogni professore mi aveva guardato come se fossi una piccola m**** gettata li da chissà* chi per farli dispetto.
Non era una sensazione gratificante, mi guardavo intorno nella grande mensa che puzzava di cavoli fritti, arredata con dei tavoli rotondi con quattro sedie messe vicino, le pareti erano lucide appena pulite piastrellate di bianco, mentre il pavimento piastrellato era nero e ancora bagnato, c'erano delle piccole finestre che emanavano qualche raggio di luce freddo, ero seduta da sola non mi ero avvicinata al banco del cibo.
Mi faceva ribrezzo quell'ambiente, ero sempre stata in ristoranti, pizzerie forse qualche bar, ma mai in una mensa, non avevo voglia di avvicinarmi a quei cibi precotti e pieni di grassi, avevo bisogno di qualcosa di più nutriente, scossi il capo e presi a testate il tavolo.
Non avevo voglia di abbituarmi a quel posto, volevo tornare a casa e fare la bambina vizziata, C*** c'erano le docce comuni nemmeno un pò di privaci, non ero nemmeno entrata nei bagni e dovevo fare pipi e forse anche pupu. Il mio viaggio era appena iniziato è già* ero stressata, forse davvero dovevo sc*** qualcuno e cercare una via di fuga, ma l'avvocato me lo aveva detto, comportati bene è ti farò uscire in tre anni, forse, dipende da quante persone riesce a corrempere.
"Tu sei quella nuova?" alzai il capo verso chi mi aveva appena rivolto la parola, un ragazzo muscoloso, di carnaggione scura e dei bellissimi occhi neri, c*** se era bono.
Annui sospirando, il ragazzo appoggiò il suo vassoio sul tavolo senza nemmeno chiedermi se poteva. Era troppo strano questo posto per potermici abbituare, ma come mio solito ero al centro dell'attenzione, tutti gli sguardi erano su di me. Forse mi conoscevano, forse qualcuno di questi ragazzi era mio fan, oppure qualcuno mi odiava. Il ragazzo davanti a me si schiarì la voce, lo guardai ed accennai un sorriso,
"Sei la Neve che tutti conoscono?" mi chiese guardandomi dall'alto verso il basso, sorrisi ed annui, in quella m*** di posto sarebbe stata dura vivere, ma non potevo aspettarmi che nesuno mi conoscesse avevo girato il mondo. "Io sono Jonathan. La maggior parte dei ragazzi qui sono tuoi fan" mi rincuorò, annui di nuovo mi schiarì la gola e vidi che il pollo con le patatine che aveva nel piatto non sembrava precotto ne di cattivo gusto, ma ancora non volevo avvicinarmi al banco del cibo ma il mio stomaco brontolava. "Hai fame?" Jonathan mi sorrise spostando il piattino verso di me, stavo per dire di no quando innavvertitamente la mia mano decise di prendere una patatina dal suo piatto.
La fame brutta bestia, sulle sfilate mi nutrivo di barrette energetiche e vitamine.
Ma ormai ero lì è in qualche modo dovevo integrarmi o almeno starmene buona ed aspettare.
Ero seduta sul divanetto mentre osservavo i miei "coinquilini" fare le loro faccende prima di dormire, i bagni non erano fatti male, piatrellati di bianco, tappetini ovunque, musica, fumo, alcol c'era di tutto. Avevo appreso da poco che eravamo una cinquantina di persone.
Le stanze potevano essere arredate a piacere cosi come i bagni, non c'erano orari per andare a dormire, solo la biblioteca veniva chiusa a mezza notte.
Eppure quello per me sembrava un'inferno, credevo mi piacesse, sospirai, le docce erano libere, il vapore dava uno strano calore alla stanza, stavo respirando un'aria diversa da quella di casa mia.
Qui nessuno mi veniva vicino perchè ero famosa, anzi molte ragazze erano venute per chiedermi il dietro le quinte di alcune publicità*, non potevo rifiutare davanti hai loro occhi gioiosi e speranzosi di sentire qualcosa di diverso, uscire fuori dal mondo attraverso i miei racconti della mia breve libertà*.. "Hei p*** a che pensi?" rimasi impietrita davanti all'insulto, sospirai è mi voltai verso Jonathan con uno sguardo di assassina,
mi aveva chiamato p*** a me? Perchè mai? Guardai le altre ragazze che tranquillamente si sistemavano, "Tutto ok?" continuò Jonathan, scossi il capo e strinsi i denti "P*** a me?" chiesi, "Jona.... non dimenticare che quella ragazza con cui stai parlando non conosce certi termini amichevoli" rispose una ragazza sorridendo,
"Termini amichevoli?" chiesi intontita, conoscevo solo amore, tesoro, trottolina e tante parole sdolcinate ma mai insulti trasformati in parole d'affetto, "Ok, a cosa pensi tesoro?" si rettificò Jonathan con superbia, allora tutte le ragazze mi guardarono e scosserò il capo.
Sospirai e mi massaggiai le tempie
Mi alzai e cercai una doccia libera, mi infilai dentro tolsi l'asciugamano e pensai; ma Jonathan che c*** ci fa qui? Mi guardai in torno senza accorgermi che era accanto a me, "Che bagno schiuma è?" mi chiese, "Frutti di bosco" risposi di gettò, "Ma tu che ci fai qui?" chiesi, "Lo provo! Tesoro qui non esistono bagni maschi o femmina.. è un bagno. Dai non dirmi che provi vergogna?" mi sorrise, scossi il capo e continuai ad insaponarmi,
Ero abbituata ad una cosa del genere, nelle sfilate non c'era distinzione di sesso, ti spogliavano e vestivano in un minuto davanti a tutti, però l'ultima volta che vidi uomini e donne insieme ci fu un'orgia gigantesca.
Sorrisi scossi il capo, chiusi l'acqua, mi avvicinai al beauty case ed iniziai la mia detersione del viso,
Ci mettevo circa un'ora per passare mille creme che con gli anni avevano aiutato la mia pelle ad essere perfetta,
"A che ti serve quella?" chiese Jonathan, mostrandomi il suo splendido lato B, sospirai e guardai la crema che avevo tra le mani, "E' per idratare la pelle, frutti di bosco" sorrisi e glie la passai.. mi parve strano che un'uomo potesse usare una crema da donna, "Le metti spesso?" mi guardò mentre in modo forse troppo vistoso la spalmavo sulle gambe, "Forse è l'unica cosa buona che mia madre ha fatto per me. Uso creme dall'età* di cinque anni, amo la pelle morbida e vellutata al tatto. Morirei senza le mie creme, per il viso, per le mani il corpo.." sorrisi e continuai sul collo, lungo le braccia "Che vuoi dire con l'unica cosa buona?" mi chiese ancora, sospirai per un'attimo ed abbbassai il capo non era facile da dire anzi imbarazzante e poi sfogarsi dopo un giorno con una persona che non conoscevo nemmeno, "Io ho ucciso mio padre" iniziò appoggiandosi al lavandino mentre analizzava i prodotti che c'erano nel mio beauty.
lo guardai senza capire, non dovevo parlare io? Mai nessuno si era permesso di togliermi la parola con la sua storia, l'attenzione era sempre stata mia.. "Sei stata fortunata, in genere quella tr*** inizia con la sua storia strappalacrime prima di chiedere" sorrise la stessa ragazza di prima, ricambiai il sorriso "Mi chiamo Neve" mi presentai, "lo so, io sono Santal" ricambiò.
"Si, ok piacere.. dicevo era uno str**** picchiava mia madre e me.. Io dovevo fare quacosa, pensa avevo appena quattordici anni." mi raccontò alzando gli occhi al cielo per nascondere le lacrime, "Però che ci vuoi fare, lui è morto. Lei si è sposata con un vecchiacciò che mi ha messo qui" finì sorridendo e prendendo dal mio beauty una lima, "E' non la odi?" chiesi indelicata, "Perchè? Tesoro se lei non si fosse sposata con un'altro io sarei finito in uno schifo di riformatorio publico.. questo invece è il tempio del piacere. Fai quello che vuoi quando vuoi" mi guardò in modo malizioso, "Io mi sono comprato il mio paparino, lo chiamo ogni settimana, ogni volta sto sempre con lui... è facile ci vuole arte" sorrise limandosi le unghie, sorrisi e scossi il capo "E' stata mia madre a trasformami in quello che sono. Da piccola lei mi costringeva a sorridere e fare sfilate, publicità*.. io la odio.. ma non posso negarle il mio amore. Ci ho provato ma non funziona" mi guardai allo specchio triste, "Se per caso non sorridevo o facevo i capricci erano botte." ricordai con astio, "Mi dispiace tesoro." Jonathan mostrò un viso triste, scossì il capo e sorrisi "A me no, potevo fare tutto quello che volevo. Lei ha realizzato i suoi sogni attraverso me, bhè l'ultima volta che ci siamo viste mi ha detto che le ho rovinato la vita. Pensa che appena compì quattordici anni, uscivo con i miei amici e quando mi ritiravo tardi lei era li ad aspettarmi. Ma non per farmi una ramanzina ma per chiedermi cosa avevo fatto, se qualcuno mi aveva fotografata, anche se ero ubriaca nei suoi occhi brillava una luce di fierezza." dissi ancora, "Ma la odiavo perchè se non uscivo non potevo fare niente, ne giocare al pc, ne leggere.. non volevo diventare una secchiona ma c*** avere buoni voti. Non essere una tossica e un'alcolizzata, volevo essere normale, sentirmi libera senza i suoi sogni..
ma questo non era possibile almeno non con lei" chiusi il beuty case e sospirai.
Guardai Jonathan e sorrisi "Notte" lo salutai, "Dolci sogni tesoro" mi salutò dolce.